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NOVELLA XVI


  • Bellindia

(Raccontata dalla Luisa vedova Ginanni)


C'era una volta un mercante di Livorno che aveva tre figliole, e si chiamavano per nome Assunta, Calorina e l'ultima Bellindia: ma questa 'gli era differente dall'altre dua, perché loro erano tutte ambiziose, e lei 'n vece steva di molto a sé e sempre badava alle faccende di casa. Un giorno il mercante arriva a casa tutto disperato e dice alle su' figliole: - Sapete che c'è? E' c'è una brutta nova. S'è perso il bastimento con ugni mercanzia e no' siamo in rovina a bono. In nel sentire la brutta nova, l'Assunta e la Calorina si mettiedano a piagnere; ma la Bellindia disse: - Se è accosì, guà! pazienza, e si farà alla meglio. Nun vi sconfondete; c'è rimedio a tutto, fora che alla morte. Siccome dunque per quella perdita del bastimento loro nun erano più ricchi a quel modo di prima, andiedano tutti a stare in una casina fora delle porte; ma le sorelle di Bellindia nun si sapevano dar pace di nun potere isfogare la su' ambizione, abbeneché loro stessano quasi sempre insenza far nulla, e tutte le fatiche e la cucina toccavano alla poera Bellindia. Passorno diversi mesi, quando una mattina deccoti il mercante che tornava da Livorno, e lui 'gli era più allegro del solito. Dice: - Sapete, figliole, che c'è? E' c'è una bona nova assai. Il bastimento nun è perso tutto, ma 'gli è arrivo al porto con mezzo 'l carico. Lo ragazze si sentirno tutte racconsolate a quelle parole del padre. Dice il mercante: - Domani torno a Livorno a pigliare quel che c'è di mio in