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90 | Stella mattutina | :: |
a malgrado del male) la figliuola impara sventure e miracoli di tutte le inferme della corsia.
Discorre con le meno aggravate, con le convalescenti e gli umili congiunti che le vengono a trovare. Quella gentuccia le par di conoscerla da un pezzo: l’aveva in cuore, forse, e non lo sapeva. Dice parole di consolazione. Ne riceve, con semplicità.
Per la prima volta, attraverso la pena materna, il dolore altrui è entrato nella sua vita. Lo considera con occhio che sembra già esperto: gli va incontro con saldo cuore. Sente, timidamente ancora, che esso è elemento di fortezza e di ricchezza senza pari — e che respingerlo per paura o per egoismo vorrebbe dire impoverirsi.
Se ce la lasciassero, nell’ospedale, sia pure a lavorare, a confortar malati, fino a quando vi deve rimaner la mamma!... Come sarebbe contenta!... Uscendone, proprio nell’ora del mezzogiorno (groppo alla gola, pianto che non si vorrebbe lasciar scorgere e rientra dagli occhi nel cuore) non sa risolversi a ritornar nelle stanzette dove nessuno l’attende.