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60 | Stella mattutina | :: |
Lungo è il ponte, di solidità secolare, con l’apparenza d’eternità che non è tanto dei monumenti eretti dall’uomo quanto delle elementari formazioni dovute alla natura.
Ma sembra, ora, ondeggiare come la barca di Francescone: non sicuro sotto i passi, sospeso per miracolo nell’aria caliginosa, fra la tristezza del cielo e l’ira del fiume.
Il fiume?...
Non c’è più. Ha mangiato gli argini, inondato le strade, i prati, i boschi, le stalle, le cascine, a perdita d’occhio. Acqua e solo acqua. La massa dilagante, d’un torbido color terragno, sgorga dall’infinito per riversarsi nell’infinito; rapinando, fra blocchi di giallastra solida schiuma, pezzi di mobili, culle vuote (dov’è il bambino?...), tegoli, cenci, carogne.
E quel rombo!... Quel rombo sordo, vicino e lontano, che non è solo dell’acqua!... Della terra, piuttosto: soffocata dalla nemica che la preme e la sommerge.
Oscure parole del Vecchio Testamento, udite in iscuola, ritornano alla memoria della fanciulla: