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:: | Stella mattutina | 47 |
paroloni a bomba il pane che mangio in casa sua. Se la mamma... se la mamma... via, sai quel che voglio dire. Sarei forse un buon operaio, adesso.
La verità vera, ecco, è sputata.
Sputo di fiele, che lascia l’amaro in bocca.
Ma egli sa pure che, se non era lo zio, sarebbe stato l’orfanotrofio: che in portineria con la nonna due bambini (uno, pazienza, passi!...) i padroni della casa non ce li avrebbero voluti. La colpa non è di nessuno.
La sorella vorrebbe dirgli queste cose; ma egli non le bada, non riesce a star fermo. Prende un libro, gli dà un’occhiata, lo getta. Il suo pensiero è chi sa dove, adesso. Di punto in bianco balza fuori a dire: — Hai letto I Miserabili?... — E si mette a rifar Gavroche, con spontanea efficacia di attore. Poi: — Guarda cosa ho imparato!... — E lì, sinistro clown, fa crocchiar le ossa dei polsi e le scapole in una specie di frenetico contorcimento, che a lei dà i brividi. Crocchia tutto, corpo ed anima. Dov’è la sua radice?... Non ha radice. E v’è sempre qualcosa di procelloso nel gesto d’addio