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:: | Stella mattutina | 177 |
Non le duole più il capo. Quell’odor di campagna, quella quiete di vita rustica l’assopiscono in un torpor di benessere che è, però, soltanto del corpo.
L’animo è ancor con la mamma: triste la sera, lontano da lei. Il cielo sull’aia è basso, cielo d’agosto pesante di stelle: a tratti ne muore qualcuna, con uno strappo e un guizzo d’agonia. Il capoccia, nodoso come un salice, fuma la pipa, tra i familiari ridacchianti. Ella se ne sta presso di loro, umile, estranea. Pensa che è sola a veder morire quelle stelle. La sua coltura non le serve a nulla; nemmeno a farsi comprendere da quella gente della sua stirpe, che vive in comunanza con la terra senza averne la purità, con le mucche, le galline, le scrofe, senza l’innocenza che le rende irresponsabili e sacre. Soffre del linguaggio aspro, dei gesti volgari, del tanfo di carne sudata, del cattivo cibo, al quale preferirebbe (ma non osa chiederla) una tazza di latte appena munto.
Dura, inquieta, torbida notte: in un letto dal pagliericcio crocchiante e pungente, dalle len-