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:: | Stella mattutina | 135 |
— Io non posso mantenerti agli studii. — E allora il telaio, le tredici ore di fatica, la polvere di lana nello stomaco, le mani sporche, la visita alle tasche — e non studiare: non sapere: non leggere l’Iliade e la Divina Commedia.
Una pecora del gregge.
Le sarebbe possibile?... No. Sente che in qualche modo si saprebbe liberare.
Poco fumo, quel giorno, dalla ciminiera: una sciarpa cenericcia, a volute, a svolazzi. Suona alla portineria: «Oh, chi si vede!... E Vittoria come sta?...». Introdotta nel gabinetto del direttore, si mette a tremare, stupidamente: le sembra d’esser lì a chiedere l’elemosina.
Qualche minuto dopo, non riesce a spiegarsi in qual modo ella si ritrovi sullo spiazzo polveroso, con l’opificio dietro di sè, con la precisa certezza nell’animo ch’ella non vi rientrerà mai più. Tiene una busta in mano. Ricorda che, consegnandogliela, qualcuno le disse:
— Speriamo che la brava Vittoria ritorni presto. È una vecchia operaia a cui teniamo.
Apre la busta, conta il denaro. Non un soldo