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:: | Stella mattutina | 109 |
— Sì che si può. Si deve potere. Stringi, stringi, Marianì.
— Contessina, vuol morire?... vuol che sia proprio io ad ammazzarla?... L’ho vista nascere. L’ho tenuta in braccio quand’era piccola. E, nel tempo di quel tremendo tifo, notte e giorno non voleva che me. Sia buona, abbia confidenza in questa povera serva. È malata?... Non vede?.. Le spezzo le costole se tiro di più...
— Stringi, stringi, Marianì.
Stringi e tira, tira e stringi, i gancetti alla fine combinarono, l’abito fu allacciato, e Marianì guardò con terrore, ritraendosi, l’opera propria, come si guarda uno strumento di tortura. Ma la contessina, quantunque fosse più bianca delle sue scarpine di raso, rideva trionfalmente, di un riso che somigliava allo stridere d’una lama su un vetro.
— Ci sei riuscita o no?... brontolona d’una Marianì!...
E si fece appuntare un mazzo di gelsomini alla cintura, e una ghirlandetta degli stessi fiori sui capelli, così densi e lucidi da sembrar so-