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Roberto Sarfatti e i divini fanciulli 131


simo corpo: toccarlo era ricevere una scossa elettrica.

Pareva non studiasse mai nulla: parlava pochissimo: sapeva tutto.

Il raffinato cenacolo intellettuale costituito dalla propria casa, la quotidiana compagnia di artisti, di letterati, d’uomini di pensiero, avevan certo contribuito alla sua singolar coltura. Coltura fresca, sdutta, sciolta dal gravame scolastico, ricca di sapor personale. Dei grandi classici e dei grandi moderni, nessuno gli era ignoto. E fra antichi e moderni, quando gli accadeva di frammettersi alla conversazione con quella sua voce di duplice timbro, un poco ironica, stabiliva confronti di un’acutezza che sorprendeva.

Non eran che scorci, illuminati da brevi lampi; ma rivelavano un mondo