Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
anima bianca | 79 |
Al suo posto si moveva, parlava, insegnava l’abbaco e l’alfabeto un’altra donna, lontana, diversa, indifferente, — inutile. — Rosanna non si sentiva più degna de’ suoi bambini. Sul corpo e sull’anima qualcuno le aveva gettata una veste infame. Non poteva ormai rimanere al suo posto, vivere accanto ai fanciulli, splendere della loro luce, parlar loro del bene, della bontà, della speranza, delle bellezze terrene e celesti. Non v’era bene, non v’era bontà, non v’era speranza: non rimaneva che lasciarsi cadere a terra, sotto le ruote d’un carro, e morire.
I fanciulli, a poco a poco, le sfuggirono: divennero indisciplinati, impararono a chiacchierare, a ridacchiare durante le lezioni, a tagliuzzare i banchi coi temperini, a rispondere con spallucciate e atti di dispetto. — Il fluido magnetico era svanito. — Beppe Salvestri portò, un giorno, un rospo in classe. Punito, fece le corna dietro le spalle della maestra; e tutti scoppiarono a ridere.
Un terrore folle gelò il sangue della disgraziata, le offuscò la vista, le diede il senso dell’agonia.
Sapevano, forse, la cosa tremenda: ed ecco, la schernivano, non avrebbero più potuto ri-