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sua, che i fanciulli bevevano a bocca aperta, immobili sotto il fascino di quegli occhi d’aria, di quella voce d’aria.

Ma la scuola di Rosanna non finiva alle tre del pomeriggio. Senza padre, senza madre, sola, ella si sentiva portata dal cuore a viver la vita de’ suoi piccini. Paoluccio De-Giuli, lo zoppetto dal furbo musino di scoiattolo, tornava spesse volte a casa con un’ombra di febbriciattola: via, dunque, in grembiale, in capelli — quei bei capelli color di rame, troppo pesanti!... — su pei sassi di via de’ Monaci dietro la chiesa, fino alla casupola dove la madre, giallognola, arcigna, sdentata a trent’anni, si lasciava indurre da lei a mettere il bimbo a letto, a fargli ingollare una pillola di chinino. La sorella maggiore di Marco Friggi, della Cascina Rossa, era alla vigilia delle nozze, e si cuciva il corredo da sè: ed ecco la maestra in cammino, con tele, pizzi, modelli di biancheria, fra magri campi di grano, tristi canali, boschi di