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una serva | 47 |
le mani le caddero, contraendosi, in grembo: la faccia illividita e contorta le si ripiegò sulla spalla sinistra. Rimase così, impietrita in una tragica bruttezza, che la maestà della morte rendeva solenne.
Si spense, in lei, l’ultima serva degna di questo nome. Anzi, finì con lei l’appellativo serva nel suo significato più bello, più umano, di sommissione volontaria, di vigile serenità, di oscuro ma necessario lavoro compiuto con l’ardore d’una vocazione, con la gioia organica di chi si trova in perfetta armonia col proprio destino.
La cassapanca sulla quale s’irrigidì nell’estremo sonno reca ancora la sua ombra, invisibile ma presente: genio tutelare di semplici cose e di semplici affetti che nessuno comprende più.
Sulla sua fossa, nel tranquillo cimitero di montagna, non cresce che erba; ma Anin ne è contenta; poichè ella pure fu in vita sua come l’erba, curva sotto il passo altrui, ma sempre rinnovata di generosi succhi: non chiedendo per sè che il sole e la pioggia, non esistendo che per far di sè un’instancabile offerta di refrigerio, di freschezza, di riposo.