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Dal grigio, asmatico, miserabile connubio d’uno spazzino pubblico più lercio delle lordure che raccoglieva nei crocicchi suburbani con una sarta da uomo che s’era mezzo rovinata la vista sull’ago, nacque, un giorno, una bambina. Non desiderata, non amata, supinamente subita come la miseria che vuotava del sangue le vene della donna ancor giovine e curvava verso la terra il corpo dell’uomo non ancor vecchio.
Questa figlia di due deboli nacque brutta e crebbe brutta. A dodici anni, tozza di corpo e grossolana di volto, con occhi obliqui di giapponese rilucenti di calda bontà in una maschera sbozzata con l’accetta nella pietra, ella sbrigava già tutte le faccende nell’umile casa. Scopava, rifaceva il letto grande ed il