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326 il denaro


Pianure verdi, grasse e morbide di pascoli, di là dal fiume apparivano anch’esse in trasparenza, sciolte dalla materialità del volume, fatte etere e luce.

— Tutto oggi si è liberato, Fausto: io e le cose. Sciolgo il voto. Ho passata la riva. Quel che ho sofferto non è più nulla. Lo scorgo in lontananza, simile a quelle isole verdi sospese fra due azzurri. Le lezioni a mezza lira l’una, la macchina Remington, la donna dalle matasse, il denaro vile e sporco.... Il denaro?... Fu l’incubo ossessionante della mia adolescenza. Si parava davanti a me, muraglia senza porte. Sibilava davanti a me con la lingua velenosa, mostro a sette code. Per passare — pensavo — debbo abbatterlo. Che follia!... Non era, no, il denaro in se stesso. Era il bisogno, che mi torceva dalla mia vera ragion di vivere, che mi disonorava costringendomi ad una fatica che non era in armonia col mio spirito. Quando potei aprirmi la strada, l’incubo svanì.

Rimase assorta, con quella sua caratteristica ruga scavata verticalmente fra le sopracciglia, con le forze del pensiero concentrate nella ricerca di una soluzione che mettesse in pace