Pagina:Negri - Le solitarie,1917.djvu/312

306 il denaro


— Vede?... Io, qui, sono un’altra — principiò a dire Veronetta, già rianimata, col viso un po’ meno pallido, coll’aria un po’ meno smarrita. — Qui, anche se giungo stanchissima, mi riprendo subito. Niente dattilografa!... — e sorrise. — Niente impiegatuccia a cinquanta franchi al mese. Sono la principessa Olivia. Mi crede pazza?... Ho una maravigliosa veste a strascico, color di luna. Ho tanti gioielli quante sono le stelle. Tutto è mio; ma senza che io lo prenda, che io me ne impossessi. È mio, così, perchè vivo. Per paura di perderlo, l’ho scritto, il sogno. Ecco.

Additò, timidamente, una quantità disordinata di fogli, su un tavolino basso.

— Come?... Scrive?... Lei scrive?...

— Sì. Non posso mai dormire, nelle prime ore della notte. E racconto me stessa in questi fogliacci: come sono, e come debbo essere per guadagnarmi il pane. E anche lei c’è, qui dentro; e Mongilardi e tutti e la fabbrica e.... la mamma. La principessa Olivia che fa la dattilografa!... Lei non sa nulla. Abbiamo tanto giocato alle regine da fiaba, con Nanna e Ninna, nel giardino. È stato ieri, solamente ieri. Poi la mamma è morta. Ma perchè non