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il denaro 303


All’improvviso, un concitato suono di voci nella stanza attigua; e uno spalancarsi dell’uscio e l’apparire di tre persone: Giovanna Dominici, scapigliata, colla faccia ridotta un pugno di cenere, tenuta pel braccio da Sarteschi, l’incaricato della visita alle tasche durante l’uscita degli operai; e Terzi dietro.

— Per carità!... l’ho fatto pe’ miei figli. Non mi rovinino, in nome di Dio.

Batteva i denti. La viltà della miseria stava impressa sulla sua persona floscia e lugubre come un cencio nero. Lo spavento la raggomitolava.

— Non vi vogliamo far del male, cara la mia donna. Ma il fatto sta che qui vi sono quattro matasse di lana, trovate su di voi, in un tascone interno della veste. Del male, no. Ma il posto lo perdete.

— Allora vuol proprio che io mi getti nel fiume?... Se è così, ecco, vado, vado sul ponte, mi butto in acqua. Che vuol che mangino i miei bambini?... Ne ho due, sono vedova. La paga non basta. La mia fatica vale di più della mia paga. Chi mi può chiamar ladra?... Sono anni che tribolo, che porto la croce. Loro non sanno, loro non possono capire....