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il denaro 293


tele non possiamo. Lo capisci anche tu, non è vero?...

Silenzio. Grandi occhi torvi, fissi.

— Dunque dammi retta. Ho parlato ieri col commendator Verganti. Come sai, è mio cugino. In fabbrica è lui che fa la pioggia e il bel tempo. Per un riguardo alla tua mamma, che vi ha lavorato tant’anni e vi è morta, — per un riguardo anche a me — ti accetterebbe in qualità di apprendista dattilografa. Imparerai l’arte da un’impiegata che se ne deve andar fra un mese; e prenderai il suo posto. Perbacco!... stupida non sei. A dattilografare s’impara in fretta. E i conti li saprai fare, per quanto l’aritmetica non sia il tuo forte. Ti va?... Sei contenta?... Cinquanta franchi al mese, quando avrai assunto il posto regolare. Col tempo poi.... Potrai sempre bastare a te stessa. Siamo d’accordo?... o no?... E dimmi grazie, chè me lo merito. Senza di me, tu resteresti imbambolata a contar le stelle fino alla morte per inanizione. Moversi bisogna, perbacco!... Il commendatore ti aspetta in ufficio, mercoledì.

— Grazie, signora.

Veronetta non rispose altro; ma donna Carla se ne accontentò. Non aveva forse mai te-