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Raimonda alzò il bavero del soprabito, attillato come una fascia sul suo bel corpo, di serpentina flessuosità: avvolse intorno al bavero il boa di pelliccia fino all’altezza del naso, ficcò le mani nel manicotto, e via, a capo basso, fra la nebbia.
Così densa, così opaca era la nebbia, che si sarebbe potuta tagliar col coltello. Penetrava nella bocca e nelle narici, mozzava il respiro, dava il senso dell’asfissia. Vie e case scomparivano, dissolte nell’impalpabile massa dei vapori. Atmosfera di sogno. Ma un sogno sinistro, pieno d’agguati.
Si doveva aprirsi il varco a guisa di nuotatori nell’acqua, respingendo la potenza d’un elemento. Le carrozze, rarissime, avanzavano adagio, passo passo, ombre vaghe e difformi