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il denaro 281


carte logore, bisunte, con l’impronta d’innumerevoli mani sulla superficie gommosa: una di esse, rotta in due punti, portava due mezzi francobolli sui margini degli strappi. Esalavano odor di sudicio, di retrobottega, di tasche tabaccose, di dita avide e unghiute. Era il denaro, quello. Senza denaro nulla si poteva compiere. Sua madre si esauriva fra le macchine, si era squarciata il palmo d’una mano ad un roggio rampone di fabbrica, con pericolo d’ascesso o di cancrena, per il denaro. Ella, Veronetta, s’era esposta al volgarissimo disprezzo d’una fruttivendola analfabeta, per il denaro.

E chi ne possedeva molte, di quelle carte lercie e possenti, chi, come i genitori di Nanna e Ninna, ne possedeva tante da non contarle nemmeno, poteva farsi servire da coloro che ne eran privi; e chi gliele avesse prese, andava in galera.

Fissò i tre biglietti con odio. Erano i primi che guadagnava, a prezzo d’un’umiliazione scottante e meritata. Ne avrebbe dovuti guadagnare ancora, tanti, a stento, vincendo la nausea, per vivere, per conquistarsi il diritto di stare al mondo, insegnando cose sciocche alle quali lei non credeva. (Chi le poteva as-