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246 l’appuntamento


una sala di trattoria, dove pochi uomini bevevano e fumavano. La coppia salì.

— Una camera?... — chiese sottovoce un’ossequiosa cameriera vestita di nero, col floscio volto mascherato da un grottesco strato di cipria.

— Una camera — confermò la voce maschile, mentre la figurina imbacuccata nel mantello color d’ardesia, scossa da un tremito di febbre, col manicotto sulla bocca, avrebbe voluto sprofondarsi nel pavimento.

— Desiderano due caffè?... — chiese ancora l’ossequiosa cameriera, spalancando l’uscio d’una camera bassa, tappezzata di rosso, quasi interamente occupata da un enorme letto matrimoniale.

— Sì, due caffè. Ma presto, e bollenti.

Gégé rimase immobile, ritta contro il cassettone a specchiera, volgare come l’armadio, come la poltrona verde, coperta d’un pizzo a rete sfrangiato, come quel letto immenso, quel letto di tutti, d’un’impudicizia feroce nella luce del pieno giorno.

La donna mascherata di cipria bussò discretamente, entrò con gli occhi bassi, posò sul tavolino le due tazze fumanti in un vassoio, disparve.