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l’appuntamento | 245 |
quelle mani accuratissime, ma tozze e cariche di anelli troppo brillanti?...
La brutalità del temperamento si rivelava nella nuca piena e corta, nel naso largo e sensuale; e il sorriso smagliante, che l’aveva stregata col bagliore d’una collana di diamanti nella vetrina d’un gioielliere, era fulgido, sì, ma fatuo.
La carrozza si arrestò in una via solitaria, non asfaltata, lontanissima dal centro della città. Gégé non vi aveva mai posto piede. Ed ecco, il piedino ben calzato nello stivaletto dal tacco sottile affondò, scendendo dal predellino, in una pozzanghera, fin sopra la caviglia. L’ira della pioggia continuava.
— Su, vieni. Dammi il braccio.
— Qui?... Entriamo qui?... è la casa?... è la.... vostra casa, questa?...
— Che bambina!... Io non ho casa. Vivo all’albergo. E all’albergo, sai, non si può.... è proibito. Non aver paura. Il posto è tranquillissimo. Entra al mio braccio. E non tremare, che diamine!...
Una piccola porta, un atrio chiuso ed oscuro. In faccia alla porta, una scala interna, di pietra: a destra, visibile da un uscio socchiuso,