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216 | confessioni |
chiazze violente di rosso e di turchino, non conteneva a quell’ora che poche donnicciole avvolte in scialli neri, venute certo a raccomandarsi a Dio, perchè le aiutasse a soffrire. Caterina amava sentirsi confusa con loro: l’argentino scampanellio del Sanctus la metteva sempre in istato di grazia.
Dopo la mattutina offerta spirituale, la sua giornata era divisa tra gli infermi e i poverissimi del villaggio: a tempo perso, v’era l’orto da coltivare.
Tutti i bimbi trascurati, tutti i vecchi indigenti dei dintorni impararono a conoscere la piccola donna dai capelli color di cenere. Far della notte giorno in qualche camera d’agonia fu per lei dolce più della preghiera. Un’epidemia di tifo passò, durante un’estate tragica, fra i contadini, con l’inesorabilità d’una falce che mieta un campo di frumento. Un’epidemia di scarlattina devastò, durante un tragico inverno, le case ove sorrideva l’infanzia. Caterina parve allora l’ombra del medico e del parroco, pronta a seguirli fino alle più lontane fattorie, noncurante del caldo, del freddo, della fatica, dell’infezione, del pericolo.
Non parlava mai di sè, nè del passato, nè dei