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200 confessioni


disegni. Abito in una stanzetta da certosina: vi piacerà, ne son certa.

Avevamo infilata una delle viuzze più aspramente caratteristiche della vecchia Zurigo: stretta, ripida, sassosa, fiancheggiata di casette dalle piccole porte massicce, dalle finestrelle irregolari piene di gerani e di altri semplici fiori, coltivati fra doppi vetri come in serra.

— Salite.

Scale lucidissime, di legno: odor di abete: bacche di vischio e di lauro, sull’architrave d’un uscio all’ultimo piano: la “cella„ mi apparve nella sua austerità.

Fasci di cartoni allacciati da fettucce verdi, su due tavole: dure e pungenti rame di pino e di ginepro, gettate qua e là in rustici vasi, con un’apparenza di disordine che altro non era se non una nota di stile. Una testa maschile di Hodler, brutale e tormentata, a una parete: un antico crocifisso di legno a capoletto.

L’ospite sciolse le fettucce verdi, aperse i cartoni. Certamente più artista nelle trine stupende, che nei disegni un poco duri. Anche i disegni, tuttavia, portavano il suggello della consanguineità: rassomigliavano a lei