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14 | il posto dei vecchi |
poeta rientrato e la maestrina agrodolce e nervosa dimostravan d’essere prosaicamente, spaventevolmente prolifici. Due parti immaturi finirono col rovinar del tutto il già sfasciato organismo della giovine donna, e le impedirono di continuar la scuola. A trentacinque anni ella era irriconoscibile, vittima d’una di quelle forme di squilibrio, che l’oscura, malefica perversità dell’utero ingenera in tante disgraziate.
Nella stretta casa le sei creature vivevano a ridosso, in promiscuità: urli di bambini, cieche e manesche collere della madre agitata dalla nevrosi, sfoghi di bile e crisi di misantropia dell’uomo sovraccarico di lavoro e di pesi morali: — e Feliciana, là in mezzo, viveva ancora.
La morte l’aveva dimenticata. Non possedeva di suo che il letto e un attaccapanni: il resto le era stato preso dai ragazzi. Quasi le mancavano i metri cubi d’aria necessari al respiro. Grandi e piccoli, con la prepotenza della loro rabbiosa vitalità, la serravano in una cerchia asfissiante, la spingevano involontariamente in là, su que’ suoi passi barcollanti e lentissimi, che intralciavano i giochi di Totò e le capriole di Bebè.