Pagina:Negri - Le solitarie,1917.djvu/196

190 confessioni


del comando, dall’atletica eleganza dei muscoli emanava tale un fluido d’energia, che ogni cosa intorno ne era pervasa e trasfigurata.

“Io mi dicevo in quelle ore, con lo sguardo perduto in lui: È mio.

“Mio. Mio tutto. Nel pensiero. Nel corpo. In ogni istante della sua vita. Mio come io ero sua, nella continuità del tempo, nell’assoluta sicurezza dell’esistenza in comune.

“Mio era quel ch’egli toccava con le forti mani. Mia l’aria ch’egli spostava camminando. Gioia d’essere donna, e bella, e giovine, per la gioia di lui. In carrozza, in automobile, al suo fianco lungo viali d’ombra e spiagge di sole, stessa felicità di vivere, stessa profondità di sensazioni, come di notte fra le sue braccia: quando egli quasi mi distruggeva serrandomi, e dai fianchi alla gola, dal cuore al cervello tanta letizia mi dilatava, che l’alba d’ognuna di quelle notti mi parve la prima della mia vita.„

...A chi parlava, in quel momento, Maria Ben?... Certo al suo cuore. Non vedeva le facce pallide, maravigliate, turbate, che la fissavano. Guardava in sè, con occhi dolcissimi, ridiventati giovani.