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178 | confessioni |
“Se avessi posseduto una sostanza, o un’arte dalla quale trarre guadagno, mi sarei divisa da lui. Ma che cosa avrei potuto fare?... dove andare?... a qual lavoro adattarmi, avvezza com’ero ad una vita di gran lusso?... Non avevo ragioni sufficienti per chiedere la separazione legale. Non avevo contusioni da mettere a nudo dinanzi agli avvocati ed ai giudici. La mia povera anima, sì, era tutta contusa e sparsa di lividure; e mi pareva di vederla, talvolta, staccata da me, ignuda e senza difesa nel vasto mondo. Mio marito continuò ad accompagnarmi nei negozi di mode, a coprirmi di belle vesti e di gioielli, a mettermi in mostra nei palchetti dei teatri, in carrozza, in automobile, rinfacciandomi a tu per tu (cogli estranei non si tradiva mai) d’esser l’amante di tutti gli uomini che entravano, fosse pure come semplici comparse, nella cerchia della nostra vita. Accusò suo cognato. Accusò un ufficiale. Un vecchio ingegnere. Un giovine medico. Un avvocato. Lo chauffeur.... Forse ci si divertiva, lui, nel terribile gioco. Mi vedeva con piacere, forse, tremare e piangere, e gridare: No!... no!... —
“Quando, stanca di lagrime e singhiozzi,