Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
Gelosia | 175 |
mente, susurrandogli in cantilena cento sciocchi nomignoli di carezza (faceva le fusa, tutto in un gomitolo) Paolo sopraggiunse: me lo strappò dalle mani, e lo lanciò dalla finestra nel giardino, ove rimase stecchito.
“Discorrevo, un giorno, con un giovine operaio elettricista, quasi un ragazzo, venuto per rimediare al guasto di alcuni fili nella camera da letto. Lo interrogavo, curiosa della sua esistenza di povertà, colpita dall’espressione pensosa ed energica del suo volto malaticcio. Egli mi raccontava della sua mamma ch’era quasi cieca, della sua sorellina ch’era un vero folletto, della sua passione di leggere, leggere, leggere, così smaniosa che egli finiva col dormire, la notte, due ore su dieci.... — quand’ecco, lo vidi impallidire sotto il durissimo sguardo di Paolo, apparso sulla soglia: e rimettersi al lavoro senza far motto. Non vi siete mai trovata sotto uno sguardo che schiocca e fischia e riga le carni di rosso come una frusta?... Non vi descrivo la scena che seguì, quando l’operaio se ne fu andato: di violenza cieca, di basse ingiurie che io subii cogli occhi chiusi, senza più sangue nelle vene, ridotta un cencio.