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il posto dei vecchi 11


Le stanze eran tre: la madre dovette rassegnarsi a dormire in cucina, su una branda, dietro un paravento di cartone: poichè la cosidetta sala, attigua alla camera nuziale, serviva da laboratorio a Teresella durante il giorno, e da tinello la sera.

La cucinetta puzzava d’acquaio e di rinchiuso: l’unica sua finestrella a vetri smerigliati si schiudeva su una specie di pozzo-cortile, oscuro e sgretolato come lo sfogo di un carcere. Nel vecchio corpo indebolito, il giovine cuore d’allodola di Feliciana si strinse. Ella ripensò al vaso di geranio scarlatto sul balcone dell’alto nido pieno di sole ove s’era covati i suoi figli. Ora, in presenza di quell’estranea, di quella nuora dagli occhi taglienti e dalla faccia lentigginosa, sentiva bene di non essere a casa propria, sentiva bene che il figliuolo non era più suo.

Aiutava, come poteva, umilmente: rifacendo i letti, riordinando le stanze, rigovernando le stoviglie. Avrebbe anche voluto cucire e far da mangiare, canticchiando le sue canzoni; ma venticinque anni d’opificio e di dieta a pane, latte e polenta avevan ridotte a zero le sue abilità nell’ago e sui for-