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154 | l’altra vita |
le cinse con un braccio la vita, soffiandole nell’orecchio.
Allora avvenne una cosa spaventevole. Franceschetta diede un balzo di pantera: cogli occhi fuor dell’orbita, i capelli dritti sul cranio, le braccia tese in avanti, cacciò un urlo, poi un altro, poi un altro. L’uomo, disperato, supplicava: — Franceschetta!... Franceschetta!... — Ma ella continuava ad urlare, retrocedendo con le braccia sempre tese a barriera, quasi che realmente, dinanzi a lei, fosse comparso il fantasma d’un morto; e rimase ritta, inchiodata al muro. Accorse gente, accorse il medico: la si trasportò all’ospedale più vicino: di là, in un manicomio. Non riprese più la ragione.
È tranquilla, ormai: indifferente a tutto e a tutti. Se ne sta in disparte, sferruzzando una calza di lana grigia, che, una volta finita, disfà, per ricominciarla. Raccoglie con inesausta pazienza brani di gazzette, fogli scritti e stampati, per leggervi, accoccolata in qualche cantuccio, certe storie stupefacenti, d’amore e di morte, che inventa da cima a fondo. Sorride sempre, di un immobile sorriso a fior di labbra, che si potrebbe dire interiore: