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l’altra vita | 151 |
non cessava mai, che le dava la nausea e gli urti di bile, e le piantava dei chiodi nel cervello!...
Come facevano le altre donne?... Perchè la sua sensibilità nervosa era così indifesa, così a nudo, così spasmodica?... Cercava di non ascoltare, di nascondere il capo sotto le coperte, per dormire. Non poteva, non poteva. L’insonnia divorante le succhiava la ragione.
Riuscì, lentamente, a vincere l’intollerabile ambascia, cloroformizzandosi col pensiero che il supplizio sarebbe finito da sè, come finisce la notte quando spunta il giorno.
Un riposo del cuore, una distensione dei nervi, una quiete di tutto l’essere le veniva dall’immaginare quel che sarebbe stata la sua vita, dopo.
Silenzio: tepido come una coltre, corroborante come un farmaco, il silenzio avrebbe guarito il suo male, in una solitudine di clausura.
Nella freschezza dell’alba ella si sarebbe alzata dal letto monacale, con membra fatte elastiche dal buon sonno riparatore; e avrebbe spalancate le finestre sulla pianura verde, tutta rugiada e brividi, sentendo davanti a sè la sua giornata.