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l’altra vita | 147 |
cende, cucendo nel vano d’una finestra, dando brevi ordini alla servetta tredicenne dalla faccia melensa e sbalordita, e anche sedendo di fronte al marito durante i pasti, ella aveva l’aria d’essere lontanissima da ciò che la circondava. Spesso Bernardone si portava in casa certi suoi amici grossi, bracaloni, rumorosi al par di lui, in compagnia dei quali ingollava bicchieri e bicchieri d’un pastoso vinone rosso. Giocavano alla morra e parlottavan sugli affari del mercato, sugli interessi del villaggio — un paesotto della Bassa Lombardia, pieno di negozianti di bestiame e di fabbricanti di formaggio.
Il vino veniva, secondo il costume, servito da Franceschetta. Ella girava leggerissima fra gli uomini, col vassoio in mano, con un passo d’ombra, con la bocca suggellata, con lo sguardo spento. Straniera.
In realtà, viveva due vite. Era sempre stato così, sin dall’infanzia. Nessuno aveva mai potuto figurarsi le straordinarie visioni che sfilavano sulle pareti interne del suo cervello. Erano il suo tesoro: taceva perchè non gliele rubassero.
Spinta al matrimonio, presa, maneggiata