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122 | il crimine |
fabbriche in un’enorme promiscuità, aveva il coraggio di denunziarlo.
— Cristiana, Cristiana, figlia mia, che hai fatto?...
Cristiana riapriva in quell’istante gli occhi attoniti e vitrei. Il suo viso era più bianco del lenzuolo: un’ombra violacea scendeva dalle occhiaie alle narici: le labbra non esistevan più: solo splendevano, crudamente, i denti di smalto fra i muscoli della bocca contratta.
— È giusto — mormorò in un soffio, riacquistando la conoscenza solo per aver la percezione della verità: della verità vera, dell’unica che si possa portar con noi nell’altra vita. Ella era sola con suo figlio sul limitare dell’ombra, misera creatura di carne, da sè medesima offesa nelle radici dell’essere.
Dove andava quel rigagnolo caldo e vermiglio, che usciva da lei, ch’ella sentiva scorrere scorrere scorrere?... Ed ella andava dietro quel rigagnolo, galleggiava su di esso, entrava con esso in un’oscurità senza spiragli, senza scampo.
Un rumor cadenzato le giungeva all’orecchio, a volte sommesso come un ronzio, a