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il crimine 119


menti, ripeteva una sua frase melodica, un suo leit-motif caratteristico, pieno di nobiltà. E operai ed operaie, vinti dall’incosciente gioia del ritmo, accordavano alla gigantesca sinfonia orchestrale la cadenza delle loro voci, con note larghe, lente, religiose, in coro.

Tutte le finestre erano aperte al sole e allo scroscio del torrente: nel cortile, di fianco alla tintoria, alcuni muratori innalzanti un nuovo padiglione, affaccendati fra pozze di calce, monticoli di mattoni, secchie, spranghe, scale e cazzuole, aggiungevano vita a vita, forza a forze: con quell’aspetto di gagliardìa, di bellezza e di speranza che sempre hanno gli uomini nell’atto del costruire.

A Cristiana sembrava di dissolversi in quell’onda di suoni, di perdere consistenza di forma umana, per non rimaner che un solo spasimo vaneggiante. Non era lo stridere degli ingranaggi; ma una diabolica macchina segante le sue reni: e il dolore urlava da sé, riempiva di sè tutta l’aria. Non rotear di cinghie e di cilindratrici; ma il suo cervello che girava, colle spole, coi dischi, colle pareti, coi canti. Qualcuno la mordeva dentro, la di-