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118 | il crimine |
altissimi di colmigni dominatori, larghi tetti a cristalli di padiglioni americani, razzanti ai primi raggi del sole.
Ma Cristiana non la vide: non vide nulla, co’ suoi occhi che ormai non guatavan che in dentro, nell’oscurità delle viscere doloranti.
Passò coi compagni dal portone, attraversò il cortile, entrò nel suo salone, si trovò dinanzi al suo telaio, senza avvedersene. La motrice, tutta di ferro, si destò, al comando del capo meccanico che pareva, com’essa, di ferro; e il polso dell’opificio cominciò a battere.
Armonia concorde, formata di molte diverse armonie: scorrere di cinghioni, rombare e stridere d’ingranaggi, strepito di telai, sui quali i fili tramati dalle navette d’acciaio andavano e venivano in ritmo di flusso e riflusso: e rotear di cilindratrici e rapidissimo danzar di fusi d’ogni colore, e il turbinar delle due macchine da scardassi — il diavolino e il diavolone — , da cui la lana, ridotta in fiocchi aerei, balzava spumosa e tempestosa, come acqua di torrente a pena sgorgata dalle nevi d’un ghiacciaio. La musica sonora, fusa nei toni di innumeri stru-