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116 | il crimine |
S’alzò, nondimeno, dal letto, resistendo allo spasimo, agganciandosi alla meglio gli abiti, urtando negli spigoli dei mobili.
Lo specchio le riflettè un volto verdastro, gonfio, segnato da solchi profondi: un volto che non pareva il suo, che sembrava salire a galla da un gorgo. Uscì, come di solito, per andare alla fabbrica, che si trovava giù nella valle: gai saluti l’accolsero per via:
— Ohe, Cristiana del Lungo!... — Ti son giunte lettere dall’America?... — Come va che ieri non t’abbiam vista alla sagra di Casapinta?... — Buon giorno, Imperatrice!... — La facciamo, questa volta, la strada insieme?... — Martin Pero era fuor della grazia di Dio, iersera, per non averti veduta. Voleva far con te un giro della nuova polca... —
A coppie, a gruppi, in fila indiana, fischiettando, scherzando, canterellando le novissime canzonette, operai ed operaie scendevan la china, chi per la strada maestra, chi per le scorciatoie. Le fanciulle ancor pallide di sonno, in camicetta candida e sottana attillata, pettinate con riccioli e nastri, si accompagnavano agli amanti, con la piena e superba libertà delle popolane, per le quali l’amore è