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Angelica
Il nome glielo aveva imposto la mamma, sperando che con quel nome la sua bambina dovesse proprio parere un angelo tale quale.
Già degli angioletti aveva la chioma ricciutella e l’occhio ceruleo; senonchè crescendo negli anni, la mamma si accorse, e tutti potettero accorgersi, che in quella testolina ricciuta non v’era una sola dramma di cervello.
A quindici anni Angelica parlava come parla un bambino di quattr’anni e rideva, rideva sempre, mettendo in mostra due file di denti bianchi e aguzzi come quelli di un canino giovane. Era belloccia, con tutti quei capelli scomposti sul collo e sulle spalle, le guance paffute e gli occhi chiari, trasparenti, nei quali la pazzia benigna da cui era presa accendeva un raggio non privo di grazia.