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La morte del bimbo
Nella culla tutta bianca il bambino si era svegliato, girando attorno i poveri occhi illuminati dalla febbre. Da quanti giorni soffriva, da quanti!
Il suo corpicino era tutto un dolore; non respirava quasi più. Chiamò: Mamma! così debolmente che la madre appena appisolata sulla sedia, affranta da dieci notti passate a quel modo, non udì neppure.
Un altro udì, l’Alto, l’Invisibile, che rispose al bambino:
— Saluta tua madre, salutala lieve lieve intanto che dorme e vieni con me.
— Come posso io venire se le gambine non mi reggono?
— Vieni, ti porterò io.
— Non voglio lasciare la mamma.
— La mamma ti seguirà poi.
— Non voglio lasciare la mia bella culla bianca.
— La tua bella culla bianca diventerà fra poco un letto duro pieno di triboli.
— Non voglio lasciare i miei balocchi.
— I tuoi balocchi, fra alcuni anni, si chiameranno crucci, pensieri, contrarietà, fatiche.
— Mi piace la mia casa dove tutti mi amano, mi accarezzano, mi vogliono bene.