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Zia Severina 57


si era divertita anche lei nel tripudio ingenuamente sensuale della gioventù. Ma che ironia, adesso, quell’invito al piacere, e che inutile avvertimento sull’età che non si rinnovella! quasi fosse stata padrona lei del suo destino.

Un muratore, un falegname prendono i loro arnesi e vanno per il mondo a crearsi la fortuna; un povero tende la mano; un ammalato cerca il medico; un cane abbandonato sulla via trova qualcuno che lo porta con sè. L’amore solo non si crea dal nulla, non lo si dà per elemosina, non ha medicina, non ha ricovero — chi non ha amore è il vero mendico, è il vero ammalato... Oh gente che amate, ecco la gran miseria!

Si era fermata nel mezzo della camera, colle braccia penzoloni, l’occhio fisso e vitreo. Dalla camera attigua veniva il cinguettare delle bambine che si erano svegliate nel primo sonno: parlavano confusamente di bambole e di dolci. La voce della madre, umida e molle di sotto le coperte, mormorava: Zitte, dormite. Si sentivano i lettini scricchiolare sotto i piccoli corpi, e sotto il corpo placido della madre, che si voltava dall’altra parte, cedere docilmente il talamo.

Severina si voltò verso il suo letto sconsolato; trasse di sotto al guanciale, una reticella di cotone bianco e se la strinse intorno ai capelli: È finita! In questo letto entrerà ora una vecchia.

Ripetè vecchia, guardandosi attorno, meravigliata che nessuno protestasse.

Che squilibrio però, che ingiustizia! Ella non si sentiva vecchia. Se sapessero i giovani come è difficile uccidere i desideri.... Balzac diceva trent’anni — evidentemente per non scoraggiare troppo quelle di venti.

Tornò a guardare in giro per la camera, così