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56 Neera


morire e nient’altro fra questi due estremi, nulla, se non la vecchiaia, è atroce destino.

Come dorme placido il mondo! Sarebbe la buffa idea, s’io aprissi la finestra e mi ponessi a gridare: Accorrete, accorrete, muore la più amata cosa ch’io m’abbia, la giovinezza mia!

Ma fuori faceva freddo, la notte era nera; la finestra ben chiusa, cogli scuri sui vetri. Severina, spogliato il vestito, lo appese all’attaccapanni e mosse verso il cassettone, in gonnella corta, col ventre lievemente sporgente, il petto depresso, la vita larga e piatta; dal dorso in giù, tagliata a picco.

Frugò per qualche istante nel cassettone, rimovendo pezzuole, aprendo scatolini. Prese un mazzo di spigo mezzo sciupato e lo fiutò — lo aveva comperato a una sagra di campagna, in un bel giorno d’autunno; era vestita di celeste allora, con un cappello che le stava bene, glielo avevano detto.... Toccò un ventaglio, una boccina vuota, un braccialetto che non metteva da gran tempo; questo lo volle provare, vi infilò dentro il braccio, ma lo tolse subito, scuotendo il capo. Tutta la sua vita stava chiusa là, nel cassettone, sciupata come il mazzo di spigo, vuota come la boccina che aveva contenuto degli odori e che ora non serbava nemmeno più il profumo.

Sopra un vecchio taccuino, scritto a lapis lesse:

Chi è giovane e bella deh! non sia punto acerba,
Che non si rinnovella l’età come fa l’erba.


e tosto le passò per la mente il gaio volto ridanciano di chi aveva scritti quei versi sul taccuino, dopo una cena di capodanno, a occhi lustri e cuor tenero; una serata allegra, dove