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Zia Severina 51


mano, imitava le odalische. In camicia, ventre a terra, con un grosso librone sotto i gomiti voleva riprodurre la Maddalena pentita del Correggio ma proprio allora si accorgeva che le mancavano i principali attributi del personaggio. Da quel punto un cruccio sottile come una lima sorda, incominciò a farle guerra.

Confrontandosi colle figure che i maggiori pitttori avevano ideate e che i minori si ingegnavano di copiare, venne a conoscere perfettamente la imperfezione delle sue forme e per lei che sentiva così ardente desiderio del bello, il disinganno fu crudele.

Per vedere di combinar meglio la propria magrezza con un tipo artistico, rinunciò alle larghe creazioni Tizianesche e si pose a vagheggiare le donne esili di Canova, le Grazie, la Psiche. Quest’ultima la rapiva in una intima voluttà. Il sentimento dell’arte e quello dell’amore, la purezza virginale e l’ardore dei sensi, l’armonica, divina fusione di tutto ciò nel gruppo immortale, la trascinava irresistibilmente. Era così semplice la posa di Psiche, erano così parche le forme! Nella sua cameretta, non vista da alcuno, assente Amore ella volle tentare anche questa prova. Non era poi orribile, era giovane, capiva la grazia, intuiva la passione, adorava l’arte, perchè non riusciva? Perchè Severina, viva, davanti allo specchio, pareva un aborto in confronto alla marmorea dea?

Se solamente potessi ingrassare! — pensava Severina. Non è forre quistione che di qualche linea. Uno che avesse urtato nel braccio a Canova mentre scolpiva il busto di Psiche, non avrebbe fatto altro che spostare la linea, e non sarebbe stata più Psiche.