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46 | Neera |
mentre l’uomo accendeva i fiammiferi, ella cadde sul primo mobile che si trovò accanto.
— Scommetto che hai fame! disse l’uomo.
— È tutto il giorno che non mangio.
Egli si voltò di botto a guardarla, col lume in mano; e siccome la donna teneva il capo chino, la prese ruvidamente per l’omero, facendo saltare l’unico bottone della casacca; così apparve un misero petto incavato, sul quale recenti traccie di vescicanti formavano piaga.
— Maledizione!
Non udì nè le sue lagrime nè le sue preghiere. Irritato la cacciò fuori.
Eccola di nuovo nella via.
Tremava tutta; il suo corpo avvezzo alle intemperie, alle fatiche, agli insulti, alle percosse provava una sensazione raccapricciante, come un gran desiderio di finirla e di morire. Le gambe le si piegavano sotto; doveva appoggiarsi, a tratti, per non cadere. Capiva che se fosse caduta non si rialzava più.
In fondo alla via c’era una casaccia dalle cui finestre intelaiate uscivano grida e risate, miste a bestemmie. Riconobbe la casa; ricordò. Un cattivo istinto, una lunga abitudine le fecero muovere alcuni passi sotto l’andito sbilenco, ma si fermò subito; quelle grida inneggiavano alla bellezza, alla gioventù, al piacere! Ella si strinse colle mani il magro petto, dolorando, e riprese il suo cammino di lupa errante nella notte.