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26 Neera


Introdusse poi le quattro dita sotto il coperchio per assicurarsi che fosse a suo posto un certo involtino; trattavasi di una pezzuola a fondo blù cogli orli arancione, di cui intendeva far dono alla vedova come promessa di nozze.

Confetti bacati! senza dubbio. Tuttavia meglio così che niente; meglio tutto che l’andare girelloni a mo’ di cane randagio, d’estate sotto il sole, d’inverno sotto la neve, senza contare la pioggia, la nebbia e il vento.

E un bel vento si apparecchiava anche per quella giornata; proprio un vento di marzo freddo e pungente che gli penetrava fin sotto il gabbano. L’alba non ispuntava ancora, ma già nel cielo e nell’aria si sentiva che la notte stava per finire. Era l’ora dolce per i felici che hanno un letto e che vi si rannicchiano assaporando la voluttà delle ultime ore di sonno, tirandosi sul collo la trapunta, allungando le gambe fin dove arrivano, nel tepore eguale e continuato che fa distendere la pelle.

Passava giusto davanti a un cascinale, e alzando gli occhi alle finestre tutte chiuse, gli parve di vedere il marito e la moglie fianco a fianco nel talamo, calmi, sicuri. Che cosa manca a quelli lì? — pensò.

Guardando per aria si soffiava sulle dita che gli volevano gelar via, tutte tagliuzzate com’erano dalle ragadi, senza un cencio di paia di guanti, chè non se li poteva mantenere perchè