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20 Neera


per il marito una buona compagna, se non aveva potuto conservarsi sposa fedele. Un po’ di pace scendeva su di lei, pensando che nessuno sospettava ancor nulla e che ella avrebbe dimenticato... Voleva dimenticare ad ogni costo: ebbrezze, ansie, delirii, lotte, ore d’inferno, ore di paradiso, tutta quella febbre d’amore doveva cessare da che egli non l’amava più. Sarebbe stato il suo castigo, giusto, meritato.

Grosse lacrime le scendevano silenziose lungo le guancie. Brancicando incontrò una mano del marito, e tenendovi sopra la sua balbettò, col cuore gonfio: Perdono! Perdono! Sentiva un benessere infinito, come una carezza invisibile, l’egoismo dolce e sereno di trovarsi ancor viva, nella sua camera, nel suo letto, nella dignità inattaccabile di moglie e di madre.

Albeggiava finalmente. Piccoli rumori, usci sbattuti, strofinamenti, voci, canto d’uccelli, annunciavano il giorno; la lampada notturna, chiusa nel suo globo di cristallo, impallidiva davanti ai primi raggi del sole. Tutta la camera si rischiarava.

Ella pensò che proprio in quell’ora partiva il treno, e parve le si staccasse qualche cosa dal petto. Muta, trattenendo il respiro, ascoltava il passo della cameriera nel corridoio. Forse era giunto un messaggio per lei, una lettera, l’annuncio che egli non partiva più...

Era scivolata giù dal letto. A passi d’ombra