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18 Neera


zare colle membra rattratte, la faccia nascosta in mezzo ai guanciali, annientata.

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Non dormiva ancora, forse fu nel torpore della spossatezza ch’ella rivide un chiaro mattino di maggio. Era uscita per visitare i poveri, lesta, in abito succinto, con un velo sui capelli; e lo aveva incontrato, il dolce amore. Si incontravano sempre in quella viuzza che pareva di campagna, dove, al di sopra dei muri, spuntava il verde tenero delle acacie, e lungo i crepacci rameggiavano le pallide glicinie dai grappoli odorosi.

Che incantevole mattino!.... Soli, dimentichi dell’universo, tenendosi per mano, zitti, guardandosi negli occhi, tanto felici da sentirsi perfino innocenti, avevano benedetto Iddio nella soavità del creato; e con inconscia empietà vollero entrare in una chiesuola solitaria, come sposi novelli.

Tali li ritenne senza dubbio il buono e vecchio prete che attraversava allora la chiesa tenendo in mano due roselline, poichè li guardò, sorrise, e con atto gentile porse i fiori a lei.

La luce, l’aria, la mitezza del cielo, la navata bianca della chiesuola, il sorriso indulgente del prete, tutto, tutto rivedeva con lucidità meravigliosa — e il lieve imbarazzo, e l’onda di felicità che li riprese, e la fine, oh! la fine di quelle due rose!

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