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14 | Neera |
la propria sbadataggine, e si pose a levarsi il vestito con tutte le precauzioni; vestito e panciotto, che andarono a finire sulla poltrona, facendo riscontro alle trine, ai nastri e alle calze di seta dell’altra poltrona.
Ebbe un momento di sosta, in camicia, stirando le braccia, provando l’ineffabile sollievo dell’uomo libero. Pensò: quel maledetto picche, stasera, mi ha rovinato tutto il giuoco. Sedette e si levò gli stivali.
A piedi scalzi, molto più piccolo e più brutto di quando era entrato, stese le braccia ad accomodare il guanciale. Sul guanciale gemello, quello di sinistra, una lunga ciocca di capelli serpeggiava a mo’ di bisciolina, nascondendo un pezzetto di guancia femminile, di cui l’altra parte scompariva sotto la rimboccatura del lenzuolo.
— Dorme, decisamente — ripetè, e saltò lesto sotto le coltri. Dopo pochi momenti russava.
Allora, nel silenzio della camera, un sospiro si alzò prolungato, doloroso; di sotto le coperte, a sinistra, il corpo indistinto si mosse: un braccio nudo, sollevatosi prima al di sopra della testa, ricadde inerte sul letto. Secondo sospiro, più lungo, più doloroso, e queste parole mormorate a guisa di un gemito: Mio Dio! Mio Dio!
S’ella avesse potuto dormire, almeno un’ora! Tanto da riposare quella povera testa che le scoppiava, tanto da dimenticare! Ma il sonno era lontano.