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di vita, di speranza, di pazzi ardimenti, di impressioni fanciullesche — e questa vita, queste impressioni che egli aveva dovuto soffocare, le vedeva espandersi ora colle grazie seducenti dell’innocenza.
Una corrente elettrica irresistibile si svolgeva dal sorriso di Diana, da’ suoi occhi sereni, dalle sue movenze vivaci e vereconde. Un’aura di giovinezza la circondava di fragranze vergini e soavi come il profumo delle mammola — aveva una scintilla in ogni sguardo e un fascino in ognuno dei suoi capelli, che svolazzavano irrequieti presentando dei riflessi d’oro sotto il lume della lucerna.
La sua personcina sottile mostrava, allo scendere della vita, una densità di contorni, segno appena adombrato della maternità che stava per schiudere tutti i petali di quel vago fiore; sembrava il fusto elegante di una giovane palma cui la segreta vitalità rigonfia la corteccia e vi prepara nuovi germogli.
Non era una statua, no — non aveva il naso greco e le forme della Venere di Milo, ma il più puro incanto raggiava dalla sua fresca bellezza, e l’anima ideale di Psiche le splendeva sulla fronte.
Luigi chiedeva a sè stesso se era quella la fanciulla di otto mesi addietro, e guardandola trepidante sentiva un’onda nuova mescersi al corso delle sue arterie, un nuovo palpito balzargli nel cuore.
Era come se in un bel mattino di primavera egli