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dorate, ora cangianti in porpora; se mai cuore di poeta ha fantasticato davanti a una rosa semisvenuta sotto i petali esuberanti d’amore, quell’artista, quel poeta comprenderanno le seduzioni di una donna che ha vissuto, che ha pianto, che ha amato; che rosa feconda e valle muscosa ebbe già la sua parte di fremiti e di palpiti nella grande epopea della natura.
Il volto della baronessa, di contorni purissimi aveva quell’aria patita, quel pallore languido e vaporoso che parla tanto al cuore.
Il bianco marmoreo della sua fronte, stemperandosi presso agli occhi in una tinta azzurrognola, presentava uno sfondo appassionato alla pupilla e ridiscendeva lievemente abbrunato sulle gote.
Il suo collo e le sue spalle avevano delle tinte di madreperla e d’opale. Rubens vi avrebbe trovato un’orgia di colori, e Tiziano il tripudio della carne nella sua manifestazione più divinamente terrena.
Diana diceva che i guanti di sua zia «salivano fino al gomito senza fare una grinza,» ma il lettore completerà la descrizione pensando che nessun abito poteva far grinze su quel corpo, poichè la stoffa sembrava abbracciarlo amorosamente secondandone i morbidi profili. La linea del suo dorso scendeva con un ondeggiamento serpentino e flessibile che rammentava la Galatea antica, e le sue braccia staccan-