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sulla panchina abbandonata dalla fanciulla e sulla quale non si poteva stare in due.

— Seguita pure, carina; ti ascolto con piacere.

Diana, che al sorriso di sua zia aveva ripreso i colori naturali, si rifece vermiglia sentendo questa proposta, e mormorò:

— Ma io non so cantare, zia.

— Ti piace però la musica?

— Oh! sì.

— E questa romanza del Guarany come la trovi?

— Ma... bella. Non è vero?

— Certamente. Esprime così bene l’ardore e la timidezza di un selvaggio dominato da un sentimento profondo... La figura del tenore corrispondeva perfettamente al personaggio. Snello, pallido, bruno... come sarebbe stato male biondo!

— Non era un po’ troppo serio? domandò Diana.

— I sentimenti veri si esprimono seriamente. Diffida, figlia mia, dei volti ilari e giocondi, nascondono quasi sempre un gran vuoto. La serietà in una fisionomia maschile aggiunge pregio alla bellezza e forza all’espressione. Il genio è per sua natura grave, e cantò con ragione un poeta:

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . non ride
Con soverchia lievezza alma che sente.