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il giovane a Diana, se ne assicurava il dominio per sempre.
Infatti, che aveva ella a temere da quella goffa educanda senza spirito e senza bellezza? Un corpo di vergine che poteva bastare alle aspirazioni materiali del fanciullo fatto uomo — non altro — quanto appunto voleva la baronessa.
Luigi avrebbe avuto una moglie, dei figli, una casa, un talamo autentico e legittimo; ma l’anima, il fiat, la molla di questi congegni restava lei, ancora lei, sempre lei!
Il piano della baronessa era egoista e cinico.
L’amore basta forse a scusarlo? — non so.
Ella disponeva dell’esistenza di Diana, del suo avvenire, della sua fortuna, fiera di mettere nuovi doni ai piedi del suo idolo, che riesciva per tale matrimonio ricchissimo — felice di legarselo indissolubilmente al fianco.
Ma conveniva agire con somma cautela; guai se i due si fossero accorti del tranello!
Un interesse spassionato, la cura della loro felicità, una rinuncia spontanea dei propri diritti da una parte, una materna sollecitudine dall’altra — ecco come doveva presentarsi l’idea di quel connubio.
Con Diana la parte era meno difficile. Un filo di seta dorato doveva bastare per condurre questa ingenua pecorella. Un bel marito e il vestito da sposa è l’esca di tutte le fanciulle.