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Ora eccomi di nuovo a farti le mie piccole confidenze, come quando eravamo sulla panchina di legno del dormitorio e che la suora d’ispezione, passeggiando cogli occhiali sul naso (quegli occhiali che avevano un vetro rotto), ci gridava: — Coricatevi, ragazze!

Adesso non c’è nessuno che mi mandi a letto, e posso vegliare la sera scrivendo a te. Ho appunto una graziosa lucernina di porcellana rosea a filetti dorati, che è un piacere a vedermela davanti accesa.

La zia è proprio un angelo. Tutte le mattine va a messa; conduce qualche volta anche me, e bisogna vedere con quanto raccoglimento si inginocchia sul cuscino della sedia e solleva al cielo i suoi occhi così belli, mentre di sotto lo scialle stretto intorno alla persona cadono ondeggianti sul suolo le pieghe del ricco vestito. Pare una santa — ma una santa regina.

Alla porta poi vi è un nuvolo di poverelli che l’aspettano e ai quali distribuisce denari, immagini e libri devoti.

Però — io certo m’inganno, non essendo possibile che la zia abbia torto — ti dico soltanto una mia opinione di ragazza senza giudizio, se fossi in lei mi piacerebbe fare l’elemosina, ma non vorrei immischiarmi di quelle altre cose...

Ho ancora osservato che la zia non rimanda mai un povero nel tempio, e rimanda sempre a mani