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mai ammazzato nessuno, e posso assicurarvi fin d’ora che non ne ammazzerà neppure nel corso di questo romanzo — la baronessa dunque, pia e devota, dopo aver vissuto in un ritiro quasi completo gli anni trascorsi dall’epoca della vedovanza, apriva finalmente le sue sale per presentare al mondo una nipote allora uscita di collegio e verso la quale aveva assunto la missione di madre. I pochi amici intimi della baronessa non conoscevano questa fanciulla che di nome o si ricordavano di averla veduta bambina prima della morte del barone, e grande era la loro curiosità; gli altri accorrevano bramosi di emozioni nuove e di pettegolezzi inesplorati, perciò vi era folla nell’anticamera.

Il marchese apparteneva un po’ alla famiglia, se non in via di sangue, per una lunga consuetudine d’affetto. Evitando lo strascico delle signore, in punta di piedi, col cappello sotto l’ascella attraversò rapidamente le prime sale, non senza inchinarsi ora a destra ora a manca per salutare una signora o per volgere un lieve cenno ad un amico. Camminava leggiadramente, col garretto teso, mentre sull’anca asciutta e snella gli ciondolava l’occhialino d’oro. Aveva occhi per ogni cosa; per le belle donne, per l’appartamento e sopratutto per le sue calze di seta, dalle quali rimoveva con un abile movimento l’orlo dei calzoni onde il collo del piede sottile ed arcuato si disegnasse con eleganza attraverso le maglie. Pensava anche che